Ristorazione: tra caro prezzi, margini stretti e futuro incerto

Parliamoci chiaro: oggi fare ristorazione è diventata un’impresa titanica.

I costi aumentano, i margini si riducono all’osso e in mezzo restano gli osti, i dipendenti e gli ospiti, tutti a cercare un equilibrio che non c’è più. I contratti andrebbero rivisti da cima a fondo, perché i patti all’italiana, quelli verbali, improvvisati e pieni di zone grigie, non possono più reggere. Servono regole chiare e sicure, per tutelare chi lavora in sala e in cucina, ma anche chi rischia tutto con il proprio nome sull’insegna, e allo stesso tempo per garantire al cliente serietà e rispetto.

Il mondo nel frattempo è cambiato. La gente mangia fuori molto di più, è vero, ma in maniera disomogenea: c’è una nicchia di clienti sempre più attenti, che sanno distinguere ingredienti, tecniche, metodi di servizio, e poi c’è una gran parte di pubblico che ancora non conosce, non distingue, non approfondisce. Consuma e basta.

E allora la domanda è inevitabile: dove ci porterà questo sistema? Verso la Francia, con le sue piccole osterie, gli osti di carattere, le identità forti e rispettate, o verso i modelli anglosassoni, dove tutto è standardizzato, impersonale, ridotto a una catena di montaggio con il piatto che arriva in tavola come fosse un prodotto qualsiasi?
La mia risposta già la so. Io spero nella Francia. Spero in un futuro di luoghi che non vendono semplicemente cibo, ma offrono un’esperienza. Dove l’ospite non viene per “adottare” un piatto ma per affidarsi, per farsi coccolare, per lasciarsi guidare. Dove il valore sta nella qualità, nell’identità, nella filosofia di chi cucina e di chi accoglie. Perché la ristorazione vera non è mai stata solo mangiare: è cultura, piacere, condivisione. È tempo speso bene, è un viaggio che si fa attorno a una tavola.

Parola di Ale

RICETTA
Cheesecake di ricotta

La cheesecake di ricotta è uno di quei dolci che ti fanno sentire a casa anche se sei al ristorante. La base nasce con biscotti tritati e burro fuso, niente di più semplice. Sopra si stende una crema morbida di ricotta fresca, un po’ di formaggio spalmabile, zucchero, uova, scorza di limone e vaniglia. Si inforna piano, a temperatura dolce, e poi bisogna avere pazienza: più riposa, meglio diventa.

Il momento della verità arriva con le amarene Fabbri. Le versi sopra, con il loro sciroppo scuro che cola e accende il contrasto con il bianco della torta. È un dolce che non ha bisogno di fronzoli: una spolverata di cacao o zucchero a velo e sei già pronto a servire.

E se vuoi fare davvero centro, il bicchiere giusto è un passito. Io l’ho provata con Occhio di Starna di Tenuta Santa Lucia, che porta profumi di miele e frutta matura. Con la cremosità della ricotta e la freschezza delle amarene diventa un abbinamento rotondo, quasi un abbraccio di fine pasto.


Ale Fanelli
Vulcanico ristoratore, sperimentatore dei migliori vini e prodotti dell'Emilia Romagna
a.fanelli@gestint.it

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