Il quadrilatero del gran bollito

È l’offerta gastronomica tipica della domenica. Il gran bollito è un piatto di carne che collega diverse regioni in un flusso di sapori e profumi. La primogenitura va ascritta al Piemonte e sembra sia nato nei mercati di bestiame, così come è successo a Roma per il quinto quarto. Nella letteratura i primi riferimenti risalgono al 1887 e fra gli estimatori pare ci fosse anche il re, Vittorio Emanuele II, che, raccontano le cronache, non era un grandissimo amante dell’etichetta di palazzo e, quindi, dei pranzi ufficiali. Ma il sovrano era in ottima compagnia, visto che tra gli amanti del bollito c’era anche Camillo Benso conte di Cavour, primo ministro del regno dei Savoia.

Per il gran bollito piemontese vige la regola del sette. Tanti sono i tagli che la compongono: tenerone, scaramella, muscolo di coscia, stinco, spalla, fiocco di punta, cappello del prete. Altrettanti gli ornamenti: testina di vitello, lingua, zampino, coda, gallina, cotechino e rolata. E sette sono i bagnetti (di solito se ne scelgono almeno tre): salsa verde ricca, salsa verde rustica, salsa rossa, salsa al cren, salsa cugnà, salsa al miele e mostarda.

Il gran bollito è un piatto piacevole e succulento che ben presto supera i confini territoriali. Non a caso è nato il quadrilatero del bollito composto da Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. La filosofia è identica, ma cambiano alcuni fattori. Da una ricerca dell’Accademia della Cucina emerge che in Lombardia è preparato solo con tagli del bovino adulto (scamone, punta di petto, biancostato) cui si aggiungono testina e lingua di vitello, cotechino e gallina o cappone. Solitamente viene accompagnato da salsa verde o rossa, e da contorni come patate lesse, purè, spinaci al burro e mostarda di Cremona. Mentre in Veneto è accompagnato soprattutto con la pearà (pepata), salsa tipica di Verona preparata con pane raffermo, midollo di bovino, brodo di carne, olio e pepe nero.

L’Emilia Romagna è famosa per il Gran bollito bolognese la cui ricetta è stata depositata alla Camera di Commercio nel 2006. Servono un taglio di manzo a scelta fra copertina, fallata, polpa o girello di spalla, una parte fibrosa tipo il doppione, la punta di petto o la culatta, e parti del vitello come testina, zampetto, punta, codone o lingua, oltre a cappone, cotechino o zampone. Naturalmente non possono mancare la salsa verde e la mostarda, ma è stupendo l’abbinamento con il superbo friggione, condimento cotto molto a lungo a base di cipolle e pomodori, altra preparazione la cui ricetta è depositata alla Camera di Commercio. Come contorno non può mancare il purè di patate, ma sono indicate anche le cipolline in agrodolce, i fagioli bianchi in umido, gli spinaci al burro, le carote e le patate bollite.

La preparazione non è complicata, ma lunga. Le regole sono poche. Ce n’è solo una che va rispettata in modo rigoroso: al contrario di quello che succede per il brodo, le carni vanno versate in acqua bollente possibilmente aromatizzata con verdure e erbe aromatiche. Lo choc termico farà chiudere i pori della carne che così tratterrà maggiormente i propri sapori.


Davide Buratti
Giornalista in pensione, appassionato di enogastronomia. Nato e cresciuto in campagna, ha sempre mantenuto un forte legame con le sue tradizioni e con quei sapori che si irradiavano dal camino o dalla stufa a legna, quella di colore bianco che nelle sere invernali è stata il punto di riferimento per tante generazioni.
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