Il piu’ grande Rosso romagnolo, dopo Lafite-Rothschild

Non ci sono modi universali di raccontare una storia o di narrare fatti di cronaca, figurarsi parlare di vino o di un vino. Ciò che prevale alla fine è la sommatoria del proprio vissuto restituita e filtrata ai lettori attraverso il proprio stile. Credo che per un produttore di vino funzioni più o meno allo stesso modo. Tuttavia esistono alcuni punti fermi, certezze incontrovertibili difficili da confutare. Una di queste è che la Romagna del vino non gode di molto appeal presso il pubblico che guarda alle parti alte delle graduatorie. Se si esclude la Romagna, trovare nelle carte dei vini dei ristoranti italiani, o delle enoteche un vino romagnolo è quasi impossibile.

Eppure la qualità di tanti vini è generalmente buona ma evidentemente ciò non basta, serve qualcosa in più per cambiare la percezione che i consumatori alloctoni hanno dei nostri vini. Lo so che a noi romagnoli queste disamine non piacciono, e vediamo l’autocritica non come un’occasione di discussione confronto e crescita, ma come una pagluzza nell’occhio proprio mentre siamo immersi nella lettura della Gazzetta dello Sport. Dopo questa “tiritera”,in buona parte, fustigatrice dei nostri usi e costumi, eccovi una buona notizia. Nel nostro firmamento enologico non ci sono solo buchi neri, ma anche stelle da guardare. Qualcuna brilla addirittura da lungo tempo, per quanto il “lungo tempo” romagnolo nel vino di qualità non si spinga prima degli anni ’80.

Ed è più o meno in quel periodo che inizia a comparire nei cieli del vino, la stella di Maria Cristina Geminiani. Ma oggi non voglio parlarvi della sua azienda, la Fattoria Zerbina, bensì raccontarvi qualcosa di un suo vino, il più grande rosso romagnolo mai prodotto dopo Lafite-Rothschild. Dite che il Lafite non è un vino romagnolo? Beh, allora il Marzieno è il più grande rosso romagnolo mai prodotto. Voglio raccontarvi qualcosa che spero non sappiate. E’ l’unica opportunità che ho di farvi arrivare fino in fondo all’articolo, così come l’unica possibilità che avete di capire a fondo il Marzieno è quella di berlo. Ma di persona personalmente, come direbbe Catarella.

Il tutto ebbe inizio in una notte buia e tempestosa…quando il cielo fu squarciato da….no, scusate, quella è un’altra storia. La nascita del Marzieno coincide con l’inizio del “lavoro” ufficiale di Maria Cristina nell’azienda di famiglia. Siamo nel 1987, e Cristina appena laureata sente su di sé la responsabilita di creare una new age per Fattoria Zerbina, un nuovo corso capace di portare l’azienda e i suoi vini verso i futuri anni 80 e 90. In poche parole, rinverdire i fasti di un passato recente, aggiungendo ai solidi pilastri di Sangiovese ed Albana, un vino di respiro più internazionale. Per farlo la cosa più semplice è quella di rivolgersi a dei professionisti; Vittorio Fiore che certi vini li ha sempre fatti, Gianfranco Bolognesi che conosce bene il mondo della grande ristorazione e Remigio Bordini, già consulente agronomico del nonno e con il quale Maria Cristina azzarda a convertire tutto il sangiovese ad alberello.

Nasce così, anticipando di parecchio una tendenza in atto oggi, l’idea di un vino che richiamasse già nel nome, una località, un luogo invece del vitigno. La prima etichetta del 1987, porta infatti la scritta Marzeno di Marzeno, vino da tavola di Marzeno, un’idea nata da una richiesta ministeriale promossa da Tommaso Vallunga, una persona il cui contributo alla viticoltura e all’enologia romagnola non sarà mai apprezzato quanto si deve. All’epoca aveva richiesto infatti al Ministero il permesso di utilizzare i nomi di alcuni toponimi romagnoli. Ecco dunque l’idea di chiamare il vino come il paese dove ha sede l’azienda, Marzeno per l’appunto. Il primo Marzeno era composto da un taglio paritario di sangiovese e cabernet sauvignon poi, considerando anche la base ampelografica presente in azienda, si irrobustisce l’idea di aumentare la quota di sangiovese. Non era affatto facile, perché si doveva evitare di creare un concorrente al Pietramora (il Sangiovese Riserva di Zerbina) e allo stesso tempo fare un vino che restasse legato al territorio di Marzeno. Così dal 94 in poi il sangiovese viene aumentato fino ad arrivare con l’annata 97 alla percentuale del 80% e 20% di cabernet sauvignon. A partire dal 2000 viene ridotto il cabernet ed introdotta una piccola quota di merlot allo scopo di aumentare le sensazioni fruttate e di alleggerire la parte tannica, poi nel 2001 viene introdotto il syrah il cui contributo si può riscontrare nell’apporto del delicato tocco speziato. Composizione, o taglio se preferite, che di fatto costituisce il Marzieno odierno, fatte naturalmente le debite eccezioni. Piccole eccezioni, o aggiustamenti di tiro se volete, ma che devono comunque rispondere all’esigenza di fare l’assemblaggio in relazione all’andamento dell’annata.

Tra due anni il Marzieno raggiungerà il 35° anno di vita, un traguardo davvero raro per un vino romagnolo, specie se si tiene conto che la prima annata è, ancora oggi, un vino straordinario per longevità e per lo stato di forma che riesce a esprimere. Mi considero tra i pochi fortunati che hanno avuto la possibilità di assagg…ehm, di bere tutte le annate prodotte, ricordandone ancora oggi alcune. Tra queste metto certamente la 1997, anche se Cristina mi dice di preferire l’annata successiva, poi la 2001, probabilmente la più grande annata romagnola degli ultimi anni, se si esclude la 2016, la cui evoluzione sulla lunga distanza deve però essere ancora vista.

Poi io ho un debole per le “piccole annate” o annate difficili se preferite, come la 2002 o la 2010, mentre Cristina ha nel cuore la 1994, annata difficilissima dalla quale ha ricavato sopratutto Magnum. Annate più fruttate, altre più inclini alle spezie, talune più robuste sul profilo tannico e altre ancora più fresche e balsamiche. Averle bevute tutte è stato un privilegio e non so quanti altri potranno avere la medesima opportunità; chi mai infatti acquista più le vecchie annate? I consumatori odierni preriscono bere vini più giovani, più immediati e facili. Forse questo è il peggior segno dei tempi moderni, la fretta di consumare, l’insofferenza verso quell’attesa che i grandi vini richiedono.

Eccovi il quadro delle annate, in buona parte ancora parzialmente disponibili presso il produttore.

Annate NON prodotte: 1989-1996-2014.

87-88-90-91-92 imbottigliato come Vino da Tavola,

93-94-95-97-98-99-00-01-02-03-04-05-06-07-08-09-10-11-12-13-15-16-17-18-19 come Ravenna Rosso IGT


Giovanni Solaroli
Giornalista, degustatore ufficiale, docente AIS, per anni è stato il referente per la Romagna della Guida Ais nazionale Vitae. E' co-autore del primo e unico libro interamente dedicato all’Albana di Romagna.
giovannisolaroli@gmail.com

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