Zuppa inglese, piatto delizioso e… pericoloso

È tanto buona, ma le sue origini sono controverse. L’unica cosa certa è che la zuppa inglese è un dolce italiano. A contendersi la primogenitura sono soprattutto Ferrara (corte degli Estensi) e Firenze (governante di una famiglia inglese). Ma c’è una pista che porta alla Parma di Maria Luisa d'Austria dove lavorava un credenziere romano che, nel caso specifico, avrebbe preso spunto da un dolce lombardo.

La ricetta prevede uno strato di pan di Spagna o savoiardi imbevuti di alchermes, rosolio o rum; uno di crema al cacao, un altro di pan di Spagna o savoiardi e alchermes e uno di crema pasticciera, con o senza gocce di cioccolato. L’Artusi prevede anche la confettura di pesche da spalmare sul fondo dello stampo. In effetti ci sono ricette che prevedono frutta, fragole soprattutto, come tocco finale in superficie. O perfino quelle con la ricotta.

Ma la controversia è sul suo nome, in particolare sull’aggettivo inglese. Per qualcuno la scelta potrebbe essere stata fatta perché si tratta di una rivisitazione italiana del trifle, dolce inglese fatto di strati a base di pan di Spagna, o biscotti imbevuti di alcool, ricoperti di crema pasticcera e frutta fresca. Per altri potrebbe essere stata decisiva la presenza del rum, liquore amato dai marinai inglesi.

Più facile immaginare la scelta del sostantivo zuppa. È vero che rimanda a una pietanza salata e, più in particolare, ad un pasto caldo. ‘Zuppa’, dal gotico suppa, significa “fetta di pane inzuppata”. E una regola fondamentale per la preparazione è che deve esserci una parte inzuppata, poco importa se si usi pan di Spagna o biscotti e quale sia il liquore usato per la bagna.

Resta il fatto che si tratta di un piatto delizioso, ma “pericoloso”. Essendo semplice e con pochi ingredienti c’è il pericolo di sbilanciarsi. È fondamentale giocare sull’armonia degli strati. Il rischio è la presenza alcolica dominante. Ma bisogna anche evitare che lo strato al cioccolato sia invasivo quindi va dosato bene l’utilizzo del cacao che deve essere necessariamente amaro per contrastare la dolcezza della crema pasticcera.


Davide Buratti
Giornalista in pensione, appassionato di enogastronomia. Nato e cresciuto in campagna, ha sempre mantenuto un forte legame con le sue tradizioni e con quei sapori che si irradiavano dal camino o dalla stufa a legna, quella di colore bianco che nelle sere invernali è stata il punto di riferimento per tante generazioni.
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