Modigliana, l’orgoglio di un territorio

Una ‘riserva indiana’ da 80mila bottiglie che comunque rappresentano poco meno di un quarto dell’intero patrimonio di etichette rivendicato da tutte le sottozone romagnole, con una potenzialità di incremento che promette il raddoppio in 5 anni. E in cordata, un nucleo omogeneo e compatto di vini e produttori da cui si può partire dando esempio a tutta la Romagna. Sono queste i numeri e le ambizioni della sottozona di Modigliana che nel fine settimana scorso si è presentata, ancora una volta con antorevolezza e coerenza, alla stampa italiana e estera, grazie alla mediazione di Giorgio Melandri, wine writer prima, oggi vigneron fra i boschi dell’appennino con la sua Mutiliana. Sul tavolo un progetto aperto e originale che magicamente ha unito 11 produttori, praticamente tutti, capace di promuovere non singole aziende ma un intero territorio e la sua cifra stilistica. Con una peculiarità, che diventa un valore aggiunto in fatto di riconoscibilità e stile: la sottozona Modigliana coincide quasi completamente coi confini del Comune, regalando a tutte le aziende che operano nelle tre valli, Acerreta, Tramazzo e Ibola, un’unica matrice geologica, un fondo marino di ricomposizione fatto di sabbie arenarie e marne che insieme all’influenza ‘organica’ del bosco, sempre in agguato ai confini delle vigne, dona ai suoi rossi austerità, spinta verticale e grande finezza. E poi la storia. I primi imbottigliamenti della Casetta dei Frati a inizio anni ’70, l’idea dei cru e di una riconoscibilità di ‘vino territoriale’ introdotta da Castelluccio con i suoi Ronchi resi celebri in Italia dalla famiglia Baldi, il fenomeno Pratello con le sue vigne a 600 metri di quota e il progressivo insediamento di nuove aziende all’ombra dei boschi; la nascita di Villa Papiano con la conduzione caratterizzante di Francesco Bordini, vigneron a Modigliana e enologo in Italia e nel mondo. Poi il progetto ‘Stella d’Appennino’ con l'idea fissa di puntare su un ‘vino territoriale’ al di là e al di sopra del vitigno. E di introdurre (finalmente) anche in Romagna il concetto di fine wines , ‘vini che possono affrontare il mondo grazie alla loro qualità, ma soprattutto grazie all’originalità e alla riconoscibilità’. E infine l’ultima novità: la conquista del ‘Modigliana Bianco’ un vino tutto da scoprire che dona la territorio una nuova spinta carica di buoni auspici.

La tre giorni di Modigliana Stella dell’Appennino aveva come momento clou la mega degustazione condotta da Walter Speller, Giorgio Melandri e allietata dai simpatici e aneddotici interventi di Morresi, patron del Borghetto di Brola presso la cui sede si è svolta l’intera manifestazione. A mio modestissimo parere, la scelta di NON confrontare i Sangiovese di Modigliana con quelli prodotti in Toscana, che rimane il confronto più abusato e inflazionato di tutti i tempi, ma solo con quelli della Romagna è stata non solo azzeccata, ma per certi versi liberatoria. Da cosa? Ma da un certo modo di porre confronti poco utili, specie per il pubblico che diversamente verrebbe messo fuori strada, fuorviato e distratto nella concentrazione necessaria per approcciare le complesse sfaccettature dei Sangiovese Romagnoli. Si è scelto invece e coraggiosamente di sviluppare una degustazione per Capitoli tematici. Quattro capitoli con 5 vini ognuno che hanno abbracciato il trentennio che dal 1992 al 2001. L’idea era di raccontare le stagioni che in qualche modo hanno caratterizzato la genesi dei Sangiovese romagnoli. Dico subito che bisogna mettere in conto differenze di tenuta tra bottiglia e bottiglia, dalla stessa cantina ci sono state bottiglie performanti e altre meno anche se la questione è irrilevante e nulla toglie al racconto che si è voluto fare. Dunque eccole.
Capitolo 1. VISIONARI E SOGNATORI. LE PRIME ESPERIENZE.
I VINI: Ronco Ciliegi 1992, Badia Rustignolo 2001, Pietramora 2001, Calonga 2001, Mantignano 2004. Annate distanti nel tempo e nell’andamento: 1992 piovosa, 2001 bella annata con abbondante disponibilità idrica e notevoli escursioni termiche, 2004 annata da manuale dopo due annate problematiche. In questa batteria c’erano due anime, quella della potenza e della tenuta nel tempo: Pietramora monumentale per complessità, maturità tannica ed equilibrio tra forza ed eleganza, Calonga inossidabile all’azione del tempo. E poi c’era quella della finezza e della freschezza: Ronco Ciliegi, il cospicuo deposito nelle bottiglie non ha tolto una virgola alla bontà del vino, alla rarefazione dei suoi tannini e alla delicatezza del tratto aromatico di fiori secchi e tabacco. Buona la prova del Mantignano che dopo aver superato l’iniziale ossidazione si è mostrato in tutta la sua complessità gustativa.
Capitolo 2. LA CONQUISTA DELL’IDENTITA
I VINI: Framonte 2008, Assiolo 2008, Limbecca 2010, I Probi 2013, Vigna Generale 2013
Tema arduo da svolgere: spesso ci si chiede cosa sia un vino identitario. Nemmeno io, confesso, ho una risposta sola. Qui potrei azzardare, viste le annate diversissime tra di loro; una 2008 regolare e con buone escursioni termiche a fine estate, una 2010 con abbondanti piovosità e una 2013 all’insegna della abbondanza, che potrebbe essere il “saper interpretare l’annata” senza ricorrere a troppi correttivi di cantina. A mio parere in questa batteria l’Assiolo è il vino più sorprendente e dimostra il talento di Gabriele, specie se si considera che è un vino base, vitale, gioioso e solare con il frutto in bella esibizione. Freschezza erbe aromatiche e sapidità nei Probi. Calore, frutto e tannini fitti nel Limbecca e la solita eleganza e raffinatezza gustativa nel Vigna Generale, un vero monumento nazionale.
Capitolo 3. LA LETTURA TERRITORIALE
I VINI: Mutiliana Acereta 2015, Violano 2016, Mutiliana Tramazo 2016, I Probi 2016, Carbonaro 2017
Inizia qui la stagione che ci ha portati al punto dove ci troviamo ora. Quel momento dove, se chiedi in un locale un vino di Modigliana, non solo lo trovi ma trasmetti al ricevente esattamente cosa vuoi. Un vino che profuma di erbe, radici, e spezie, ha il frutto delicato e i tannini pimpanti, ha calore alcolico contenuto, freschezza e sapidità in evidenza e colorazioni da sangiovese. Anche qui ci sono tre annate diversissime: 2015 annata calda senza eccessi, 2016 annata molto buona con maturazioni lente e clima equilibrato e la 2017 calda e siccitosa. Tutti i vini di questa batteria erano davvero buoni: Acereta con il suo tratto arioso e profumato di rabarbaro. Probi con la sua trama tannica tesa e saporita e il Carbonaro un vino deliziosamente fresco considerando le difficoltà dell’annata.


Capitolo 4. IL FUTURO E’ ARTIGIANO
I VINI: Pian di Stantino 2019, Corallo Nero 2019, Area 8 2020, Ronco della Simia 2020, Acerreta F.S.G. 2021
Dal punto di vista meteo sono tre belle annate seppure per ragioni diverse: 2019 pioggia regolare e caldo contenuto con belle escursioni termiche. 2020 partita in anticipo ha poi goduto di fresco in primavera e buone piovosità a inizio estate. Estate comunque siccitosa e dalla quale si sono salvate poche aree. 2021 le gelate primaverili hanno ridotto drasticamente le rese e le uve si sono così concentrate. Il bello di questa annata è che ci si è resi conto di chi ha molto talento e delle differenza che fa avere vigneti in posizioni adatte. Quattro vini che oramai possiamo definire in classico stile modiglianese e un “intruso” Brisighellese il Corallo Nero, un vino di struttura, frutto e spezie. Questo è il capitolo che attesta ancora una volta quanto la sensibilità di un artigiano del vino possa fare la differenza restituendoci in bottiglia mille sfumature e dettagli.
Una considerazione finale vorrei farla: Stella dell’Appennino ha fatto uno sforzo in questa edizione per tirare la carretta al resto della Romagna, per proporre un esempio di racconto da svolgere negli altri territori. Per ora registriamo che solo Castrocaro si è dato una mossa, ma tutti noi appassionati ci chiediamo a quando gli altri territori di valore? E penso a Bertinoro e Predappio.

Maurizio Magni
Giornalista e sommelier è responsabile della guida Emilia Romagna da Bere. A tavola e nella vita è sostenitore del libero arbitrio e del paradosso francese.
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