Frittata, altro che salvacena

Quella con le cipolle è la più famosa. Era amatissima dal ragionier Fantozzi che non se la faceva mai mancare davanti alla tv per ogni partita insieme alla birra ghiacciata. Ma la si può fare con qualsiasi companatico. Ma è buonissima anche solo con le uova. Se poi ci aggiungiamo una grattugiata di tartufo le papille gustative si commuoveranno per l’emozione.

La frittata è un grande piatto ed è sbagliato considerarla solo il salvacena perfetto. Non a caso è protagonista anche di avvenimenti leggendari, come la frittata da mille uova preparata nella Certosa di San Lorenzo di Padula (Salerno) per il re Carlo V che con il suo esercito vi fece tappa dopo aver sconfitto l’ammiraglio turco “Barbarossa”. L'evento è rimasto vivido nella memoria dei cittadini del posto, tanto che ancora dopo quasi 500 anni commemorano l'evento il 10 agosto con la mastodontica frittata. Ma non è l'unico giorno celebrativo della frittata. C’è anche una giornata nazionale a lei dedicata: il 2 maggio.

Non è possibile stabilire dove e quando sia nata, anche se una delle prime testimonianze è nel “De re coquinaria” del gastronomo romano Marco Gavio Apicio, che nel suo ricettario del primo secolo a.C. illustra diverse ricette.

Secondo il Gambero Rosso è ragionevole ammettere non vi sia un unico inventore, così come non c'è un'unica ricetta. Poi riporta che in “Storia dell'alimentazione” di Jean-Louis Flandrin e Massimo Montanari si legge siano stati gli arabi (come per le polpette) a portarla in Europa – pare che uno dei piatti più ricercati in Oriente fosse il tirrîkh, un piccolo pesce di lago tritato e proposto nella frittata – ma quel che è certo è che questa preparazione, ha sbizzarrito la fantasia di molti cuochi. Da Apicio, che nel “De re coquinaria” l'ha fatta rientrare nel capitolo intitolato “Pandette” e ne propone anche una versione dolce con il latte e il miele. A Maestro Martino, che nel “Libro de arte coquinaria” dedica un intero capitolo alle uova, dove parla anche di frictata con “borragine, menta, maiorana, salvia”.

Sulla preparazione ci sono diverse sfumature. Sul tema non poteva mancare l'intervento di Pellegrino Artusi che sul finire del XIX secolo disse che: «le uova per le frittate non è bene frullarle troppo… riesce molto buona nell’eccellente olio toscano, anche perché non si cuoce che da una sola parte, il qual uso è sempre da preferirsi in quasi tutte. Quando è assodata la parte di sotto, si rovescia la padella sopra un piatto sostenuto colla mano e si manda in tavola…».

L'interpretazione sulla necessità di non sbattere troppo le uova continua ad essere ampiamente maggioritaria. Sulla cottura (girarla o no) sono le due scuole di pensiero.

Intanto, col passare del tempo, arrivano le innovazioni. Una riguarda la cottura al forno. Il risultato però non è lo stesso. L’altro cambiamento radicale è relativo alla lavorazione delle uova. I tuorli sbattuti sono uniti agli albumi montati a neve. Ne nasce un prodotto più soffice e gonfio, qualcosa che richiama il soufflé.

Foto tratta da giallozafferano.it


Davide Buratti
Giornalista in pensione, appassionato di enogastronomia. Nato e cresciuto in campagna, ha sempre mantenuto un forte legame con le sue tradizioni e con quei sapori che si irradiavano dal camino o dalla stufa a legna, quella di colore bianco che nelle sere invernali è stata il punto di riferimento per tante generazioni.
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