Casadei: ‘Che fermento in Romagna’

Ambasciatore di Sangiovese e Albana, Marco Casadei è uno dei cavalli di razza della nuova generazione di sommelier Ais Romagna. Palato degustativo finissimo, è un instancabile giramondo alla scoperta di vitigni e etichette. In questa intervista a largo raggio racconta le sue passioni, le sue esperienze, il suo rimanere forzatamente a casa e il suo amore per i vini della Romagna

Viviamo un periodo difficile, dobbiamo stare in casa: cosa bere?
Non è semplice per nessuno, anche per noi appassionati del vino abituati a girare e incontrare produttori e cantine. Guardando positivo può essere l’occasione per stappare ciò che da tempo abbiamo in cantina.

Tu cosa ha stappato?
Ho stappato tanto! Ho riscoperto molto la Romagna. Non che l’avessi dimenticata e ci mancherebbe! Ho assaggiato tanto delle nuove annate e qualche vecchia bottiglia dimenticata in cantina.

Risultato?
Siamo davanti a un panorama romagnolo molto interessante e in grande fermento. Penso all’Albana da 4-5 anni in grande rinascita. Ma c’è anche un rinnovato entusiasmo sul Sangiovese con alcune zone nel pieno di una grande passione, penso a Modigliana, Brisighella, Bertinoro, Marzeno, Predappio, solo per citarne alcune. Si cerca di produrre vini identitari, con un approccio molto più consapevole e attento in vigna e in cantina. Finalmente si stanno abbandonando archetipi e protocolli che non aiutavano la Romagna ad esprimersi. Il merito è dei vignaioli più bravi che stanno facendo ottime cose in queste ultime annate.

Rimaniamo sulle annate.
Le riserve 2016 sono splendide. Ma anche la 2018 e 2019 presentano vini con un grande equilibrio. Adesso in cantina non si può andare ma si possono ricevere vini a casa propria direttamente dai produttori: può essere una bella occasione per fare due chiacchiere.

Il tuo primo bicchiere?
In famiglia, per fortuna qualche bottiglia interessante girava in casa. L’interesse poi è cresciuto e oggi sono 10 anni dal primo corso con Ais Romagna; nel 2013 sono divenuto sommelier.

Cosa ti piace di questo ambiente?
Gli incontri con tante persone in giro per l’Italia, ti fanno sentire come in una comunità. Peccato che in questo periodo non si possa viaggiare

La più bella esperienza enologica che hai fatto?
La vendemmia nel 2014 alla Fattoria Zerbina.

In cantina?
Macché, ero sommelier da un anno e volevo imparare tante cose. Chiamo Cristina Gemignani e le chiedo se aveva bisogno di vendemmiatori. Lei mi risponde: “Sì, però non è che il secondo giorno mi stai a casa come fanno tanti”. La tranquillizzo dicendole che avevo già lavorato in campagna e volevo provare.

Cosa ricordi di quei giorni?
Lavoro duro ma tre mesi fantastici e fondamentali. C’era tanta uva da pulire, vista l’annata complicata. Cristina mi insegnò tante cose. Poi la conoscenza della muffa nobile: si raccoglieva acino per acino, a sera se avevo un secchio pieno era un miracolo.

E la migliore esperienza nell’assaggio?
Sono innamorato di alcuni territori: le Langhe dove vado spesso, il Friuli e in particolare la zona del Carso, le Marche e la Sicilia dove ricordo una esperienza nella Fattoria Romeo del Castello sull’Etna, una cantina con la colata lavica in mezzo alle vigne. Per non parlare di Francia: Loira, Borgogna e tante altre zone.

Sei stato ambasciatore di Sangiovese e Albana: hai sentito il peso?
È stato un orgoglio per me. Dietro c’è stato tanto lavoro, studio, assaggio, visite e confronto. Sul Sangiovese ho dedicato quasi 3 anni di studio e assaggi tra Romagna e Toscana.

E il ruolo di “ambasciatore”?
Quello che mi piace quando giro l’Italia è portarmi dietro bottiglie di Albana e Sangiovese, e farle assaggiare alla cieca ad amici e produttori. È divertente sorprenderli perché in pochi pensano che in Romagna ci siano dei vini come questi.

Ecco un tasto dolente, il vino della Romagna fuori dai suoi confini.
Lo sforzo sulla qualità è in atto. Adesso dobbiamo entrare nella fase della comunicazione e della promozione in termini di reputazione per entrare nella fascia dei vini più importanti.

Le potenzialità quindi ci sono.
E i segnali sono molto positivi, basti dire che da alcuni anni i cataloghi dei grandi distributori di vino italiani ospitano diverse aziende romagnole. Più in generale comunque è fondamentale fare un lavoro di squadra che metta insieme produttori, consorzi sommelier e appassionati.

Chiudiamo con un gioco. Se dovessi consigliare un vino romagnolo a un toscano?
Albana secco, loro hanno grande tradizione sul Sangiovese. Ogni volta che l’ho fatto è stato un figurone.

In Friuli?
Regione bianchista, dico Sangiovese. A Udine nel 2018 ho fatto una degustazione sul Romagna Sangiovese: sala piena e apprezzamenti di tutti.

A un Piemontese?
Lì c’è tradizione rossista, torno sull’Albana.

Per chiudere?
La Romagna non ha niente di meno a nessuno, bisogna continuare a crescere e crederci un po’ di più.


Filippo Fabbri
Calciatore mancato, giornalista per passione. Una stella polare, il motto del grande Gianni Brera: “Prima di scrivere un articolo bevi un bicchier di vino”. Perchè come diceva Baudelaire "bisogna diffidare degli astemi". Contatti: filfabbri@gmail.com
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