Ettore Guatelli (1921-2000) si dedicò con sempre maggiore assiduità alla raccolta di oggetti che lui stesso amava definire “troppo ovvi per essere ritenuti importanti”. Guatelli collezionava con amore tutto ciò che poteva raccontare della vita.
Era un amante della narrazione e della poesia, passione che gli fu tramandata già in tenera età dalla madre, una donna che, sia pur contadina, sapeva leggere e scrivere.
Casa Guatelli, podere Bella Foglia, era luogo di passaggio. Situata sulla strada tra Collecchio e Fornovo, qui si fermavano spesso vagabondi, mendicanti e venditori ambulanti. Guatelli rimaneva affascinato dai loro racconti.
Per la sua cagionevole salute e la tubercolosi ossea che lo colpì da bambino, Guatelli non si occupò mai dei lavori nei campi; aiutava la famiglia come poteva, rivendendo oggetti trovati dai rigattieri della zona. Ma in lui già nasceva l’idea che l’oggetto, attraverso l’usura del tempo e il suo utilizzo, potesse rappresentare di più, trasferire valori ed emozioni.La raccolta infinita di oggetti e soprattutto il loro allestimento in vere e proprie scenografie rappresentava per lui l’essenza del racconto della vita.
Gli oggetti sono le tracce materiali di storie di uomini e di donne impegnati nella vita quotidiana. Il loro riuso e il loro logorio ce ne parla e ci racconta un’esperienza vissuta. Guatelli iniziò ad allestire le collezioni da lui raccolte negli anni ’50.
È attraverso la composizione degli oggetti in allestimenti artistici che Guatelli parla e cattura l’attenzione del suo pubblico. Il linguaggio figurativo che usa è assimilabile a quello poetico.
I suoi capolavori sono infatti prima di tutto esteticamente appaganti e capaci di impressionare indistintamente adulti, bambini, letterati, studiosi e artisti.
Le prime installazioni furano prodotte a scopo didattico. All’epoca infatti Guatelli insegnava come maestro non ancora di ruolo nelle scuole dei dintorni di Collecchio. Credeva nel coinvolgimento emotivo dei suoi ragazzi e in un insegnamento piacevole e creativo.
Il bello attira l’attenzione; un oggetto di uso comune da solo può sembrare insignificante, mentre tanti oggetti simili, ma diversi, posizionati in modo artistico, catturano l’attenzione. Usava questa tecnica nell’insegnamento e riempiva le pareti delle sue aule di strumenti di lavoro.
Portava inoltre spesso i suoi ragazzi nel podere familiare per organizzare dei laboratori didattici assolutamente innovativi per l’epoca.
Ovviamente non tutti apprezzavano il suo modo di far scuola e spesso veniva considerato un provocatore.Insegnava, ad esempio, la geografia portando i suoi ragazzi in visita alla bottega del fruttivendolo.
Attraverso le cassette della frutta e la loro provenienza, spiegava ai bambini perché era possibile mangiare le fragole il giorno di Natale.
A lui non interessava l’oggetto di per sè o il suo intrinseco valore, ma il suo utilizzo.
Oggi nel museo si stima siano custoditi oltre 60.000 pezzi. Guatelli non si preoccupò mai di catalogarli, né di datarli.
Per questo motivo nel museo si può trovare veramente di tutto e chiunque può riscoprire sè stesso in oggetti appartenuti alla propria vita. Guatelli produsse molti scritti, tra cui delle “schede racconto” che documentano come i contadini e i lavoratori di quella zona chiamassero le cose e soprattutto vivessero gli oggetti.
Documentò riti, tradizioni, matrimoni, battesimi e ogni momento speciale della vita, compresa la guerra.Nel 1943 disertò l’esercito per prendere parte attiva al movimento antifascista. In quegli anni conobbe e diventò molto amico di Attilio Bertolucci, che lo aiutò nella preparazione all’esame di licenza magistrale, che superò nel 1945 studiando da autodidatta. A metà degli anni ’70 casa Guatelli cominciò a diventare luogo di incontro per studiosi e artisti.
L’umile maestro iniziò ad acquisire sempre maggiore consapevolezza del proprio lavoro di raccoglitore e ricercatore, trovandosi partecipe nel movimento di riscoperta culturale che segnò gli anni Settanta.Il museo occupa tutto lo spazio disponibile della casa poderale, della stalla, dell’aia e dei rustici annessi. Durante la visita gli oggetti possono, con cura, essere toccati dai visitatori. “Bisogna usare le cose per capirle. Le cose preziose - amava dire Guatelli - non hanno posto in questo museo”.
Giocattoli fatti a mano, pupazzetti costruiti da noci, da tubetti di dentifricio, da scatolette e fili di ferro.
Indumenti rattoppati, scarpe rinchiodate, tazzine rincollate.
Decine e decine di vanghe, martelli, pinze, ferri da cavallo, teglie, utensili da cucina e da lavoro sono appesi alle pareti, al soffitto, impilati o allineati. Si susseguono le stanze delle scarpe, delle latte, dei vetri, degli orologi, degli scimmiai e degli orsanti.
