Anna Cardin promuove l’Albana

Cinque anni di lavoro ‘matto e disperatissimo’, come scrisse il poeta di Recanati. Ma oggi un posto al sole in uno dei crocevia del mondo come il Cipriani di Venezia, e tutte le porte spalancate sul mondo del vino.

Anna Cardin ha bruciato le tappe. Primo calice sotto al naso nel 2012. Poi i corsi da sommelier e già nel 2015 il titolo di primo sommelier d’Italia per la Fisar. Nel 2017 la direzione del Belmond Cipriani la vuole in laguna come sommelier allo stellato ‘Oro’, il ristorante interno all’hotel dell’Executive Chef Davide Bisetto. E infine l’ultimo colpo. La Guida di Identità Golose, la premia come miglior sommelier in rosa 2019.

In Romagna per un tour insieme all’amico enogastronomo Alessandro Rossi, l’abbiamo incontrata al wine bar di Porta San Pietro a Forlì, dove il patròn Ivan Tesei le ha messo sotto il naso un calice d’albana.
Anna Cardin ne ha apprezzato colore corpo e acidità, sottolineando le mille sfumature del vitigno da cui ottenere vini di stili differenti ed esclusivi. “Un patrimonio – ha sottolineato la sommelier - che dona identità al territorio e di cui sempre più il consumatore va alla ricerca”.
“Al vino - racconta Anna – sono arrivata per curiosità ed è stato subito un colpo di fulmine. Ho trascorso due anni alla ricerca dei profumi. Nei negozi di spezie, dal fioraio, dal verduraio, nei boschi o inattesa che fiorisse quell’albero di acacia nel giardino sotto casa…. Ho studiato, mi sono esercitata senza risparmio. Il palato va educato. Ma i profumi mi hanno cambiato la vita perché hanno amplificato tutti miei sensi. Sono diventata una persona diversa, più aperta e sensibile e non solo con il calice in mano”.

Piemontese di nascita Anna Cardin, temperamento deciso e indomito, non dimentica il fascino avvolgente di nebbiolo&friends. Ma ai muscoli nel vino preferisce acidità, lunga persistenza e un moderato tenore alcolico.

“Al Cipriani la clientela è internazionale e ai tavoli del ristorante si siedono americani, arabi e russi. Ma sempre più spesso anche gli italiani. Alcuni sono decisi. Ordinano vini francesi. Più bianchi che rossi, visto il tipo di cucina raffinata e leggera con un tocco di tradizione, interpreta dallo chef Bisetto.
Fra i tanti i più ricorrenti sono i vini d’Alsazia, Mosella e Valle della Loira. Ma io sono per il tricolore. E quando si fanno consigliare suggerisco gli autoctoni italiani. Grandi etichette, ma anche nicchie esclusive”. Come l’Albana, aggiungiamo noi…

Del sommelier ti devi fidare - prosegue - Dobbiamo essere bravi, scendere dal piedistallo, semplificare il linguaggio. Parlare al cliente, non al nostro ego”.

Di etichette emiliano romagnole in carta all’Oro del Cipriani non ce ne sono molte, confessa Anna Cardin. “Ma – s’illumina – con il dessert il mio consiglio è la Malvasia aromatica di Candia de La Stoppa, quella dolce frizzante o la Vigna del Volta, la versione da uve appassite. Vini dove l’acidità è in grande evidenza, in perfetta armonia con la pasticceria contemporanea, meno dolce e meno grassa”.

Maurizio Magni
Giornalista e sommelier è responsabile della guida Emilia Romagna da Bere. A tavola e nella vita è sostenitore del libero arbitrio e del paradosso francese.
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